Lavoro occasionale di tipo accessorio: strumento contro la crisi?

Lavoro occasionale di tipo accessorio: strumento contro la crisi?

Per far fronte alla persistente crisi economica sono state tentate molte vie, una di queste è rappresentata dal voler favorire l’utilizzo del lavoro occasionale di tipo accessorio come istituto teso a favorire l’impiego di quanti si trovino in situazioni economiche precarie con vantaggi per i lavoratori e per i datori di lavoro.

Il Decreto Legge n. 5 del 2009, convertito con Legge n. 33 del 2009 recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, mediante l’art. 7 ter “misure urgenti a tutela dell’occupazione”, ha infatti apportato significative modifiche all’art. 70 del D.Lgs. n. 276/2003 in merito al campo di applicazione di tale tipologia di lavoro.  

Ebbene, cos’è il lavoro occasionale di tipo accessorio?

Innanzitutto le origini: il lavoro accessorio è stato introdotto per la prima volta con la cosiddetta Legge Biagi, successivamente disciplinato dal D.Lgs. n. 276/2003.

Il concessionario del servizio è stato individuato, con Legge 133/2008, nell’Inps.

L’applicazione della disciplina, avviata in via sperimentale in occasione delle vendemmie 2008, svolte da studenti e pensionati, è stata estesa da successive circolari Inps, in un primo momento, a tutte le attività agricole di carattere stagionale, sempre effettuate da studenti e pensionati, nonché alle attività agricole, anche di carattere non stagionale, a favore di produttori agricoli aventi un volume di affari non superiore a € 7000, successivamente è stato esteso l’ambito di applicazione del lavoro accessorio ai settori del commercio, turismo e servizi.

Nel 2009 l’Inps ha fornito indicazioni per l’applicazione del lavoro occasionale accessorio anche nel settore domestico e, da ultimo, con circolare n. 88/2009 ha chiarito le modalità applicative in merito all’ampliamento dell’ambito di applicazione del lavoro occasionale di tipo accessorio, così come operato dalla Legge n. 33 del 2009.

Questo istituto aveva, almeno in origine, due finalità: in primo luogo, far emergere il sommerso, che caratterizza intrinsecamente alcune prestazioni lavorative, per tutelare maggiormente i lavoratori, attribuendo loro una sostanziale copertura assicurativa e previdenziale, prima assente, in secondo luogo, tentare di favorire l’occupazione di alcune fasce di lavoratori considerati deboli, a rischio, cioè, di esclusione sociale o, comunque, non ancora entrati nel mercato del lavoro o in procinto di uscirne.

Attualmente, con il citato intervento legislativo teso a rilanciare il lavoro occasionale di tipo accessorio, finalizzato al contrasto del lavoro nero ed irregolare, è stato esteso il campo applicativo di tale istituto, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo.

Sono state, infatti, ampliate le tipologie di attività per le quali si può ricorrere al lavoro accessorio e, inoltre, in tali settori la possibilità di impiego è stata estesa sostanzialmente a tutti i lavoratori e non più solo ad alcune fasce deboli.

Il lavoro occasionale di tipo accessorio è, dunque, una particolare modalità di prestazione lavorativa non riconducibile a forme contrattuali tipiche di lavoro subordinato ovvero autonomo, svolta nell’ambito delle attività espressamente e puntualmente previste dall’art. 70 D.Lgs. 276/2003, ovvero da prestatori con determinati requisiti.

Si intendono, quindi, prestazioni occasionali di tipo accessorio quelle svolte con modalità discontinua e saltuaria ed aventi natura occasionale.

Si precisa sin d’ora che il concetto di occasionalità, a seguito delle successive modifiche intervenute che ne hanno progressivamente svuotato di significato, debba oggi essere inteso nell’accezione secondo cui il lavoratore può svolgere una delle attività lavorative indicate dalla norma senza alcun tipo di limitazione in ordine a durata e/o reddito complessivo, anche per più committenti, con l’unico limite che il reddito complessivo per compensi di tale natura nel corso dell’anno non può superare € 5.000, al netto dei contributi a carico del lavoratore, nei confronti di ciascun committente, con l’unica eccezione rappresentata dalle imprese familiari che possono utilizzare prestazioni occasionali per un importo complessivo non superiore a € 10.000.

Appare opportuno anticipare, con riserva di meglio approfondire tale aspetto nelle prossime uscite, che l’istituto del lavoro occasionale di tipo accessorio presenta notevoli vantaggi, tanto per i prestatori di lavoro, quanto per i datori di lavoro.

Questi ultimi, infatti, possono beneficiare di prestazioni lavorative nella completa legalità, assistite dalla copertura assicurativa Inail contro eventuali incidenti sul lavoro, con costi inferiori all’utilizzo di manodopera subordinata o autonoma, senza correre il rischio di contenziosi sulla natura della prestazione e senza dover stipulare alcun tipo di contratto.

Per quanto riguarda i lavoratori, costoro possono integrare le proprie entrate attraverso le prestazioni occasionali, il cui compenso, esente da imposizioni fiscali, non incide sullo stato di disoccupazione/inoccupazione e resta cumulabile con le rendite pensionistiche di cui il lavoratore sia eventualmente titolare.

Nelle prossime uscite analizzeremo le principali categorie di lavoratori, quali datori di lavoro e quali settori sono interessati dall’istituto del lavoro occasionale accessorio.

© Avv. Michele De Bellis, 29 ottobre 2009,