La crisi dell’economia ed i licenziamenti

La crisi dell’economia ed i licenziamenti

La contrazione del Mercato sta innescando una serie di meccanismi aziendali che possono condurre alla necessità di sopprimere posti di lavoro, infatti, le Imprese si trovano costrette ad operare scelte dolorose e difficili, eppure talvolta essenziali per la loro stessa sopravvivenza.

In questa sede esamineremo la disciplina del licenziamento individuale, così come principalmente regolato dalle Leggi n. 604/’66, n. 300/’70 e n. 108/’90, soffermandoci in particolare sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo in relazione al licenziamento collettivo di cui alla Legge n. 223/’91.

Il licenziamento, dunque, è atto di natura recettizia che produce effetti dal momento in cui viene a conoscenza del destinatario.

Vi sono ipotesi nelle quali è concesso risolvere il rapporto di lavoro in assenza di un motivo, il cosiddetto recesso ad nutum, e tale facoltà è concessa ad entrambe le parti durante il periodo di prova ed al termine di un periodo di apprendistato.

In altre ipotesi è consentito recedere dal rapporto di lavoro in assenza di un motivo, ma con l’osservanza del periodo di preavviso: tale facoltà è prevista per il lavoro domestico, per i dirigenti e per i dipendenti che abbiano raggiunto i requisiti per il pensionamento di vecchiaia.

Fuori da questi casi particolari, il licenziamento deve essere sempre sorretto da un motivo, che può dipendere da ragioni soggettive collegate alla condotta del lavoratore ovvero da situazioni oggettive che prescindano dalla sua colpevolezza.

La condotta del lavoratore può dar luogo al licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo a seconda della gravità della condotta posta in essere.

In alcune ipotesi la condotta del lavoratore può dar luogo ad un licenziamento disciplinare soggetto ad una particolare procedura di intimazione.

Alla luce dell’attuale situazione di grave crisi del mercato e dell’economia mondiale, qualora l’eccedenza di personale assuma carattere strutturale ed irreversibile, l’azienda si può vedere costretta a procedere al licenziamento dei dipendenti in esubero.

Tutte le aziende possono ridurre il personale seguendo le norme che regolano i licenziamenti individuali, salvo che occupino più di 15 dipendenti ed intendano effettuare almeno 5 licenziamenti in un breve arco temporale, nel qual caso è possibile ricorrere al licenziamento collettivo

Successivamente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 110/’04, possono ricorrere al licenziamento collettivo tutti i datori di lavoro, compresi gli artigiani, che occupino, come appena visto, più di 15 dipendenti.

Le cause che possono giustificare il ricorso ai licenziamenti collettivi sono la riduzione o la trasformazione dell’attività o del lavoro, nonché la cessazione dell’attività medesima.

L’ipotesi del licenziamento collettivo si verifica quando il datore di lavoro intenda effettuare nell’arco di 120 giorni almeno 5 licenziamenti in una singola unità produttiva, ovvero in più unità comprese nella stessa provincia.

La procedura per il licenziamento collettivo risulta alquanto articolata ed è giustificata dal clima di allarme sociale conseguente alla misura ed in tal senso richiede il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e la ricerca di eventuali soluzioni alternative e meno traumatiche.

Generalizzando, si possono evidenziare una prima fase sindacale ed una successiva amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali aziendali tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento dei lavoratori, dapprima tra loro e successivamente avanti la direzione provinciale del lavoro.

Qualora risulti impossibile raggiungere una forma di accordo, la procedura si conclude con il licenziamento dei lavoratori in esubero e la loro conseguente iscrizione nelle liste di mobilità, al fine di favorirne la possibilità di rioccupazione.

Nel caso non sussistano uno o entrambi i precedenti requisiti, tali da procedere al licenziamento collettivo, si configura un’ipotesi di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, che, se interessa più di un lavoratore, prende il nome di licenziamento individuale plurimo per giustificato motivo oggettivo.

L’art. 3 della Legge n. 604/’66 prevede, infatti, che il licenziamento possa essere intimato “anche per fatti inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.

Tale forma di licenziamento, però, non è sempre ammissibile, ma occorre che vi siano dei determinati presupposti per maggior garanzia dei lavoratori.

Secondo la Giurisprudenza il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legittimo, infatti, qualora il datore di lavoro operi un riassetto organizzativo effettivo dell’attività aziendale finalizzata ad una più economica gestione dell’impresa (Cassazione 3848/’05).

Ancora, i Giudici della Suprema Corte di Cassazione ritengono che il riassetto organizzativo per una più economica gestione dell’azienda valga ad integrare il giustificato motivo oggettivo di licenziamento, restando insindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità la relativa scelta imprenditoriale, sempre che risulti la effettività e non pretestuosità del riassetto organizzativo operato (Cassazione 16465/’07).

Anche in questi casi, però, il datore di lavoro non può procedere al licenziamento se prima non abbia verificato la possibilità di adibire il lavoratore a mansioni equivalenti nell’ambito dell’azienda, cosiddetto obbligo di repechage, e se non abbia individuato il lavoratore da licenziare osservando le regole di correttezza e buona fede, evitando di porre in essere atti discriminatori.

Sul punto la Giurisprudenza afferma che “La riduzione del personale, in un’ottica di riorganizzazione aziendale, giustifica il licenziamento di quei dipendenti in soprannumero che svolgono in concreto mansioni non più essenziali in rapporto alla rimodulata organizzazione produttiva dell’azienda.

Ai fini della prova della sussistenza del giustificato motivo oggettivo di recesso, il datore di lavoro deve dimostrare l’effettività della dedotta crisi aziendale, la sua incidenza sulla posizione rivestita in azienda dal lavoratore licenziato e la non utilizzabilità dello stesso in altro settore.” [Cassazione civile  sez. lav. – 30 marzo 2009 –  n. 7706 – R.F.  C.  Valastro Carni s.p.a. – Diritto & Giustizia 2009]

In ogni caso deve, comunque, essere rispettato il periodo di preavviso.

La procedura, in questo caso, si articola nelle seguenti fasi.

Per prima cosa il licenziamento deve essere intimato al lavoratore in forma scritta con l’eventuale indicazione dei motivi.

Nel caso in cui i motivi non siano stati indicati contestualmente all’intimazione del licenziamento, il datore di lavoro deve darne comunicazione al lavoratore che ne faccia richiesta entro 15 giorni dalla comunicazione del licenziamento stesso.

Da tenere presente che i motivi comunicati in fase di intimazione del licenziamento non possono più essere modificati nelle eventuali fasi successive di impugnazione da parte del lavoratore.

L’iscrizione nelle liste di mobilità è stata estesa anche ai lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o lavoro, da imprese di qualsiasi dimensione.

In conclusione, qualora l’attuale crisi economica renda necessaria l’attuazione di un riassetto organizzativo per una più economica gestione dell’impresa e ove ciò comporti la soppressione di posti di lavoro, il datore di lavoro può valutare discrezionalmente l’opportunità di procedere al licenziamento, individuale o collettivo a seconda dei casi, del personale, senza che il Giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’attività aziendale, essendo la stessa espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione, potendo il controllo giurisdizionale vertere solamente sulla reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore a giustificazione del licenziamento e la sussistenza del nesso causale tra il licenziamento e le ragioni organizzative poste a giustificazione dello stesso.

© Avv. Michele De Bellis, 3 giugno 2009,