Caparra, anticipo e deposito cauzionale tra affitti e acquisti

Caparra, anticipo e deposito cauzionale tra affitti e acquisti

In tema di locazioni e di compravendite di immobili, talvolta, si usano alcuni termini in modo non appropriato.

E’ il caso della caparra.

Con questo vocabolo, in materia di locazioni, talora viene indicato il deposito cauzionale, che ha una funzione completamente diversa dalla caparra propriamente detta.

Il deposito cauzionale, previsto dall’art. 11 Legge 392/’78 (nda: legge sull’equo canone), che non può essere superiore a tre mensilità del canone di locazione ed è produttivo di interessi legali, deve essere versato dal conduttore al locatore al momento della sottoscrizione del contratto di locazione.

Tale deposito ha la funzione di tutelare il locatore da eventuali inadempimenti del conduttore, quali il mancato pagamento di alcuni canoni, ovvero contro i possibili danni causati dal conduttore all’immobile locato.

Quest’ultimo, infatti, allo scadere del contratto deve essere restituito al locatore nello stato originario, cioè nelle stesse condizioni in cui si trovava al momento della sottoscrizione del contratto, salvo la naturale usura.

Si spiega così che, al momento del rilascio, il locatore possa trattenere parte del deposito cauzionale per la copertura delle spese delle riparazioni per i danni causati dal conduttore all’immobile, ma non possa  utilizzarlo per eseguire quegli interventi di ripulitura e di piccola manutenzione, necessari a seguito del normale utilizzo dell’immobile.

A seguito del rilascio e della contestuale verifica dello stato dell’immobile, il deposito cauzionale, qualora non venga integralmente trattenuto dal locatore, dovrà essere restituito al conduttore maggiorato degli interessi legali maturati, che dal 1 gennaio 2008 sono del 3%.

In caso di mancata restituzione del deposito, il conduttore ha la possibilità di chiederne il rimborso entro i successivi 10 anni, infatti, trattandosi di una garanzia, non sarebbe assimilabile al canone ed alla relativa prescrizione quinquennale.

La caparra confirmatoria propriamente detta, prevista dall’art. 1385 del codice civile, corrisponde, invece, all’antica consuetudine di consegnare all’altra parte una somma di denaro, ma non solo, a conferma del vincolo assunto.

In materia di compravendita immobiliare, la caparra viene utilizzata per rafforzare l’impegno a vendere/comprare l’immobile e viene consegnata, al momento della sottoscrizione del contratto preliminare di vendita, dal promissario acquirente al promittente venditore.

La caparra confirmatoria può rappresentare anche un anticipo sul prezzo d’acquisto dell’immobile.
Normalmente, l’importo si aggira intorno al 10-15% e non supera il 25% della somma stabilita per la vendita.
In questo modo, entrambe le parti sono impegnate alla conclusione dell’affare.

Qualora, infatti, l’acquirente recedesse dall’affare, perderebbe la cifra versata.

Se a revocare l’impegno fosse, invece, il venditore, questi dovrebbe rimborsare all’acquirente il doppio della somma ricevuta.

Quando nel contratto preliminare di vendita si parla di caparra, senza definirne la tipologia, per lo più ci si riferisce a quella confirmatoria, ma non è l’unica caparra prevista dal legislatore.

L’art. 1386 del codice civile, infatti, disciplina la caparra penitenziale che rappresenta il corrispettivo del diritto di recesso, stabilito convenzionalmente dalle parti.

Chi decide di recedere deve dare all’altra parte quanto pattuito a titolo di caparra penitenziale e l’altra parte non potrà chiedere altro. Il recesso avviene, in questo caso, per volontà unilaterale e la parte adempiente non potrà richiedere né il maggior danno, né l’esecuzione del contratto, ma potrà unicamente trovare soddisfazione trattenendo la somma versata a titolo di caparra penitenziale.

Dal punto di vista tributario, in ultima analisi, è importante distinguere tra caparra confirmatoria  ed acconto.

Fiscalmente la caparra non può considerarsi come parziale pagamento anticipato del prezzo, perché ha funzione risarcitoria del danno in caso di ingiustificato inadempimento e le somme versate a tale titolo non vanno fatturate e devono considerarsi fuori campo IVA. Solo a prestazione effettuata la caparra verrà fatturata e concorrerà alla formazione del prezzo complessivo da indicare sulla fattura o sulla ricevuta fiscale.

L’acconto, al contrario, non è altro che un parziale pagamento e, secondo quanto previsto dall’art. 6  comma 4 del D.P.R. 633/1972, deve essere fatturato nel momento stesso in cui viene riscosso ed è  assoggettato all’Imposta sul Valore Aggiunto.

© Avv. Michele De Bellis, 8 aprile 2008,